Delle tre trasferte in cui l’Olimpia deve provare a fare almeno un colpaccio, quella di Tel Aviv era sicuramente la più difficile dal punto di vista tecnico. Si trovava davanti una squadra che, dopo l’esordio maldestro proprio a Milano, poi ha sempre vinto in Eurolega e che può contare su una profondità di rotazioni pressoché inifìnita se si pensa che è rimasto seduto in panchina per 40 ‘ anche un giocatore come Papaloukas, seppur non in perfette condizioni. Una trasferta dalla quale, però, l’Olimpia deve uscire con la convinzione che se sceglie le “regole di ingaggio” allora può giocarsela ovunque. Nel primo tempo è stata spazzata via dalla forza fisica di Schortsanitis e dal talento di Farmar, ma quando nella ripresa ha deciso di rischiare negando completamente le ricezioni al pivottone del 1985 e in attacco ha alzato i ritmi velocizzando la circolazione di palla (più passaggi e meno palleggi) allora ha potuto dire la sua, pur restringendo oltremodo le rotazioni (in campo praticamente sempre con Gallinari, Cook, Hairston e Fotsis). «Nel primo tempo siamo stati sovrastati fisicamente – ammette coach Sergio Scariolo – quasi anche intimiditi da Schortsanitis che quando è in una di queste serate è difficilmente contenibile. Il rimpianto vero, però, è su altri 8-10 punti, evitabili, che hanno permesso al Maccabi di dilatare lo scarto a fine primo tempo». Note positive nella ripresa: «Siamo tornati in campo con grande aggressività, migliorato la fluidità del gioco e recuperato quasi tutto lo scarto. Purtroppo nel finale, anche per via della rimonta, siamo arrivati stanchi e con qualche distrazione». I biancorossi ieri si sono allenati a Roma e domani scenderanno in campo a Caserta per difendere il loro primo posto in classifica in serie A. INTANTO c’è da segnalare un bel documentario tv (lunedì sera, RaiSport 2, 20.30) sul PalaLido: cinquant’anni di storia per quella che definitivamente, dalla prossima stagione, diventerà la casa dell’Olimpia Milano. (Sandro Pugliese)
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